venerdì 21 dicembre 2012

Dite a Fuxsas che la grandeur è finita



IN QUESTI giorni è stato presentato con molta enfasi il progetto della stazione di piazza Nicola Amore di Fuksas. Dall' intervista di Tiziana Cozzi, pubblicata su questo giornale giovedì scorso, emerge l' obiettivo di riqualificare la piazza nell' ottica della pedonalizzazione anche del Rettifilo e l' intenzione di fare una stazione-museo coperta da una calotta di vetro mettendo in mostra i reperti del tempio dorico ritrovato. La prosecuzione dei lavori per la metropolitana è una necessità fisica di questa città troppo congestionata, che ha quasi perso la misura umana del suo centro storico; ma non altrettanto necessario appare ampliare le stazioni e occupare prezioso suolo pubblico come propone il nuovo progetto Fuksasa differenza di quello preliminare dove egli proponeva una stazione ipogea con alcuni lucernari. Detto in altri termini e con meno humour dell' archistar romana, il nuovo progetto vuole liberare la piazza dalle autoe occuparla con un edificio di vetro, una copertura global, buona per molte occasioni, posta quasi al centro di essa e dentro la quale mettere in mostra i reperti archeologici che i pedoni potranno vedere anche dall' esterno. S S i assiste qui a un ampliamento di una tendenza del progetto contemporaneo che non riesce a stare dentro al tema, in questo caso il sottosuolo, ma che vuole emergere come protagonista della scena urbana. Anche a piazzetta Santa Maria degli Angeli succede la stessa cosa con la conseguente futura scomparsa della piazzetta. Analogamente anche nella stazione di piazza Garibaldi l' immenso pergolato, vera foresta di tubi di acciaio, copre una nuova ulteriore galleria commerciale che toglie metà piazza al giardino pubblico pur previsto. Diverso è invece il modo di progettare la stazione Municipio, per esempio, dove Siza, anche in presenza di importanti reperti archeologici, non per questo invade la piazza. Nella stessa tendenza di rispetto della città si situa anche la bella stazione Università e la rinnovata piazza Borsa riqualificata con un sobrio ed elegante intervento. E devo annoverare tra queste anche la stazione di Salvator Rosa, prototipo delle stazioni di Napoli, dove l' esuberanza invasiva del progetto è giustificata dal disordinato e confuso spazio urbano esistente. In questo contrasto di tendenze l' invasione dello spazio pubblico sembra per la verità cosa antitetica alla sua liberazione e non in linea con le altre proclamate liberazioni fatte da quest' amministrazione. C' è una recente deriva che sta minacciando le città storiche italiane, da Venezia, a Torino, a Roma, grandi firme propongono progetti che alterano notevolmente quell' equilibrio stratificato che esse hanno raggiunto attraverso molto tempo. Per esempio i due grattacieli a Torino (Banca Intesa e Regione), l' Ara Pacis a Roma, il ponte in vetro sul Canal Grande a Venezia. Andrebbero presi molto sul serio gli allarmi lanciati da Salvatore Settis anche su questo giornale (il 2 ottobre) per la tutela dei centri storici. Partendo dalle analisi delle conseguenze negative per Venezia (estraneità e costosità del ponte in vetro di Calatrava), Settis vede minacciati i centri storici da inopportuni interventi di trasformazione che, attraverso la copertura di grandi firme, rompono la soglia di tolleranza e che, teme Settis, aprono le porte a proposte di più modesti epigoni che non potranno più essere fermate. Non si vuole qui sostenere una questione di stile, resuscitare cioè il dibattito sul rapporto tra antico e nuovo, come se non fosse possibile immettere nel centro storico architetture nello stile "libero" che contraddistingue l' architettura contemporanea; ma, al contrario, proprio perché libero quello stile deve essere sottoposto a una qualche approvazione che non può essere solo burocratica ma democratica, per lo meno quando interessa e trasforma lo spazio pubblico della città. E ciò è tanto più importante quando questo spazio è definito e consolidato storicamente come l' ottocentesca piazza Nicola Amore. Si dirà che pur di avere un' opera di una archistar si può passare sopra l' altezza dell' edificio in vetro in mezzo alla piazza che ostacola la vista prospettica, che i reperti archeologici ritrovati sono una risorsa che è meglio mettere in mostra alla luce del sole piuttosto che tenerli in bui spazi ipogei, si dirà che il vetro è quasi immateriale, leggero e trasparente e che consente di vedere ed essere visti; ma a parte il fatto che una cupola di vetro è quanto di più global si possa pensare, andrei a vedere cosa è diventata la trasparenza del vetro in città, alla stazione Montesanto o a piazza Dante, prima di eleggere il vetro a dimensione immateriale. Non si tratta qui di ridurre l' architettura a pura funzionalità, ma una maggiore attenzione alla pratica del progetto piuttosto che al concept va richiesta e pretesa. Il tempo della grandeur anche per le stazioni è finito. Consentirsi una follia scultorea come la stazione di Soccavo di Kapoor dai costi proibitivi e superiori ai cento milioni di euro è stata una smargiassata che forse potremmo rivendere a qualche sceicco arabo quando si deciderà che cosa fare delle diverse parti scultoree in cui la stazione è divisa e che sono depositate da qualche parte. Credo che una richiesta di maggior realismo vada fatta all' architettura pubblica, prima di tutto come affermazione di un' attenzione etica e culturale in rapporto al contesto storico e poi anche per una valutazione dei costi e dei benefici che è, ahimè, spesso sottaciuta negli appalti pubblici. Sorprende infine che i beni pubblici siano ancora cosi trascurati a Napoli e che non ci siano indizi di un coinvolgimento della gente per scelte che così tanto li riguardano. Stando alle indicazioni che emergono dall' attuale Biennale di Architettura di Venezia, sembra che il lavoro delle archistar sia un po' diminuito di interesse sulla scena internazionale a vantaggio di una architettura civile di maggior realismoe utilità sociale: forse è solo un debole venticello ma spira in altra direzione.
SERGIO STENTI