giovedì 7 aprile 2011

Bagnoli e l'ex Manifattura Tabacchi, Napoli

Qualche riflessione su due vicende urbanistiche di rilievo come Bagnoli e l’ex Manifattura Tabacchi possono restituirci una migliore comprensione dell’attuale fase della città.   Entrambi interventi pubblici di riqualificazione, comunale il primo, statale il secondo, differiscono  nel fatto che mentre a Bagnoli  le condizioni del Piano non interessano i privati,  alla Manifattura Tabacchi, lo stato accetta, per ora,  le attuali condizioni di Piano per le sue operazioni immobiliari, poi si vedrà. Sempre più la riqualificazione sembra poggiare su come attrarre gli investitori privati ma tale interesse, almeno fino ad oggi, non è stato incentivato con la conseguenza che si è anche bloccato ogni intervento pubblico non autosufficiente. Infatti, sia gli interventi i privati  sia quelli pubblici non hanno prodotto  da oltre ventanni interventi  concreti di una certa consistenza, per esempio  un quartiere o  un complesso  urbano, ma al massimo qualche edificio o complesso per il commercio.  Giganteggiano in tale pochezza le linee metropolitane, straordinario intervento per la città, qualificato dalle stazioni dell’arte della linea 1 che purtroppo, però non riescono ad arricchirsi della stazione dell’aeroporto, impedendo la chiusura dell’anello,  decisivo per la mobilità urbana. Tra le molte cause responsabili di questa situazione di blocco si possono elencarne alcune: la rigidità del PRG, farraginose norme urbanistiche e procedurali, ritardati pagamenti a 30 mesi alle Imprese da parte del Comune, un’illegalità scoraggiante. E’ noto che Napoli ha urgente bisogno di riqualificare la periferia e di restaurare il centro storico.  La città ha sovrabbondanza di terziario e scarsezza di abitazioni, parchi  e buoni trasporti, mentre non manca di attrezzature ( almeno sulla carta). Mancando risorse pubbliche la riqualificazione e il restauro si possono fare solo con gli investitori privati che non si sono mostrati interessati alle proposte comunali. Giusto o sbagliato che sia tale atteggiamento le conseguenze sono state, mancanza di case civili e a buon mercato,  un aumento dell’abusivismo nei comuni confinanti, una emigrazione consistente (7000 persone all’anno) , una trasformazione strisciante del centro storico attraverso volgari frazionamenti che snaturano le tipologie edilizie storiche, un aumento dei prezzi degli appartamenti.
La politica non ha saputo porre un argine a questo stato di cose, anzi è sembrato che lavorasse per la decrescita della città piuttosto che per il suo sviluppo. Prevedere uno sviluppo basato sul terziario è stato un errore che poteva essere superato aggiornando semplicemente solo alcune norme del PRG, per esempio il rapporto tra terziario e residenze. Chi costruirebbe oggi a Ponticelli o a Soccavo edifici che devono contenere il 60% di terziario e il 40% di appartamenti  di cui parte per social housing  e cioè con prezzi agevolati ? A Bagnoli la sconfitta delle previsioni del PRG ha costretto il Comune a rivedere il mix tra terziario e residenze ampliando la quota di case e incrementandole della maggiore cubatura concessa dal Piano Casa Regionale. Con logica conseguenza tale variazione andrebbe estesa a tutta la periferia: più case e meno terziario. Si avrebbe cosi a parità delle cubature previste un incremento considerevole di almeno 10.000 abitazioni di cui 3000 per social housing. Ancora poche per la verità per un fabbisogno stimato sui 50/80.000 alloggi necessari,  ma che i  evidentemente non sono costruibili nel territorio comunale. Una tale quantità di sviluppo necessità  una politica di accordi intercomunali e/o metropolitani di cui non c’è traccia concreta. Non solo ma un territorio comunale piccolo non può nemmeno accogliere ulteriori urbanizzazioni, la sua densità abitativa raggiunge già livelli molto alti ( 8500 ab/kmq) per cui è auspicabile che ai pochi nuovi interventi già  previsti non si aggiunga nemmeno un metro cubo che occupi il prezioso suolo libero. Meglio indirizzare lo sviluppo nelle ristrutturazioni e nelle densificazioni.
In altri paesi come Inghilterra e Germania sono in atto politiche urbanistiche di contenimento del consumo di suolo  con limitazioni a nuove urbanizzazioni. In Inghilterra il consumo di suolo nazionale è limitato a 40 ha/giorno ( in Italia consumiamo 130ha/giorno, dati lega ambiente 2011)  mentre in Germania il 70% delle nuove costruzioni deve essere fatto in aree già urbanizzate. Anche da noi si dovrebbe puntare in primis a contenere le espansioni urbane, a riqualificare l’esistente già urbanizzato. Non solo ma anche il modo di costruire dovrebbe cambiare. Invece che  costruire quartieri a bassa densità edilizia e con basse altezze ( 12/15 mt.)  sarebbe preferibile  costruire quartieri in  altezza,, lasciando aree libere per necessità collettive e per buoni trasporti.  Piccole modifiche, non rivoluzionarie, potrebbero farci superare l’attuale blocco della città e avviarci verso uno sviluppo sostenibile.
( pubblicato su Repubblica napoli, il 6.04.2011)

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