sabato 15 gennaio 2011

Case a prezzi accessibili per le giovani coppie

Forse qualche speranza per giovani coppie, anziani e studenti di trovare un alloggio decente a prezzo sostenibile potrebbe sorgere a breve a Napoli e in Campania.  
In un recentissimo convegno alla Fondazione Banco di Napoli, un gruppo bancario insieme ad associazioni private ha proposto la costituzione di fondi immobiliari da impiegare per costruire alloggi sociali.
Il Piano di edilizia abitativa del governo, nel quale questa iniziativa s’inserisce, sembra poter dare migliori frutti del cosi detto Piano Casa che finora non ha interessato quasi nessuno in Italia. L’ammontare dei finanziamenti pubblici del Piano di edilizia abitativa  è ancora molto esiguo (140 mln di euro),  ma le promesse  politiche di maggiori finanziamenti non mancano ( si parla di un miliardo di euro); essi andranno a coprire il 40% dei costi per gli alloggi mentre il 60% dovrà essere trovato localmente da investitori privati, Fondazioni bancarie,  Amministrazioni pubbliche,  Imprese, Enti di gestione, etc.
Il Social Housing di cui parliamo non riguarda case pubbliche  ma case private  per soggetti economicamente deboli a  prezzi calmierati.
Si parla di prezzi più bassi di circa il 30% rispetto a quelli di mercato, prezzi quindi raggiungibili da ceti medio bassi che oggi non riescono né a comprare né a fittare case dignitose.
Ma oltre i prezzi calmierati l’edilizia sociale differisce dai quartieri pubblici anche per una sua diversa filosofia, simile per certi versi a quella Ina Casa del piano Fanfani del 1949. Intanto si prevede che i progetti siano più attenti non solo alle case ma alle relazioni tra gli abitanti,
ci siano cioè strumenti per una maggiore socialità, poi  sono previste forme semiautonome di gestione degli alloggi e dei spazi sociali, inoltre le  modalità di uso degli alloggi  vengono differenziate in proprietà, riscatto e fitto, ed infine alle funzioni residenziali sono integrate servizi e commercio.

Insomma è un passo avanti ed uno indietro rispetto all’edilizia pubblica tradizionale.
Avanti perché immagina quartieri più vivibili e a gestione privata integrata;  indietro perché le case sono private e dovranno rendere un tasso interessante (si parla di un +3% oltre inflazione) per invogliare investitori privati, cosa non scontata al sud a causa di perturbazioni come illegalità e abusivismo.
In fondo il successo, ovvero la quantità di alloggi sociali da mettere sul mercato,  dipende  da quanto i privati credono in questa iniziativa, considerando  l’enorme fabbisogno esistente ( solo a Napoli è stimato in oltre 50.000 alloggi che non vuol dire però 50.000 acquirenti ). Dipende   dall’ammontare degli  investimenti pubblici  e dalla  collaborazione e capacità degli Enti locali di mettere suoli,  ridurre contributi e superare le croniche difficoltà e ritardi nelle procedure e soprattutto garantire   la sicurezza dei cittadini abitanti.
Senza guardare all’Olanda dove il social housing è molto diffuso, anche da noi, pur in presenza di scarsi finanziamenti pubblici,  iniziative di una certa entità si stanno realizzando a Milano e a Parma.
E’ proprio di alcuni giorni fa la presentazione di un progetto di 110 alloggi della Compagnia delle Opere alla Bicocca con affitti da 500 euro mensili  per  tre stanze e soprattutto  la Fondazione  Housing  Sociale  sta costruendo in due aree periferiche, dopo aver fatto un concorso di architettura con ottimi risultati,  oltre 500 alloggi sociali. A Parma inoltre, la Parma Social House ha in programma, d’intesa col Comune, la realizzazione in due anni di 1100 alloggi sociali.

Il Social Housing dovrebbe affiancarsi quindi ad altri interventi pubblici per essere significativo nella  riqualificazione delle periferie: edilizia pubblica , programmi di recupero, contratti di quartiere etc.
Purtroppo l’esperienza dei Piani di Riqualificazione Urbana, con un meccanismo d’intervento pubblico-privato piuttosto complesso, è stata abbastanza deludente e a Napoli poi, in quindici anni, non si è riusciti a costruire nemmeno una casa scontando anche uno scarso interesse delle Imprese. E’evidente che è molto complesso, costoso e lungo il processo di riqualificazione e le scorciatoie della demolizione e ricostruzione ogni tanto fanno capolino nella stampa nazionale; ma tutto scompare dopo pochi giorni, quando quegli atti criminali compiuti nei casermoni pubblici che hanno esaltato il problema della periferia pubblica degradata sulla stampa, vengono dimenticati.
A Napoli il quartiere De Gasperi a Ponticelli,  600 alloggi degli anni cinquanta,  era previsto da demolire e ricostruire con un bel progetto vincitore di concorso; ma sebbene finanziato,  in cinque  anni il Comune non è stato in grado di effettuare l’intervento. 
Se guardiamo al recente passato napoletano la capacità di realizzare interventi abitativi in grado di ridurre l’emergenza sociale è stata assai scarsa sia da parte dell’Amministrazione Comunale sia da parte delle Imprese private. Dopo l’emergenza dei  20.000 alloggi  pubblici del dopo terremoto del 1980,  assai problematici come socialità e durata delle strutture,  nessun quartiere decente è nato negli ultimi vent’anni,  né pubblico né privato; solo sparse case abusive di cui  i  600 alloggi  di Casalnuovo sono un sintomatico esempio di mostruosità e allarme. Niente di simile è successo a Roma o a Milano, dove sono nati grandi interventi edilizi (si pensi a Parco Leonardo a Roma) che hanno offerto possibilità abitative a prezzi di mercato si intende;  prezzi che  comunque sono inferiori a quelli di Napoli per beni analoghi.
E’ evidente che la periferia da risorsa è diventata ostacolo ed il suo degrado non solo è un problema sociale difficilissimo  ma si allarga e opprime i quartieri intermedi e peggiora anche il centro storico  oltre che privare di futuro i giovani napoletani.
Se l’iniziativa finanziaria del Social Housing meridionale avrà successo e le amministrazioni locali e regionali daranno il loro fattivo contributo, si ridurrà  di un poco il drammatico disagio abitativo e il degrado di periferie inabitabili.  Sappiamo tutti che non è più stagione di edilizia pubblica, ma il fabbisogno abitativo è veramente grande e richiede grandi investimenti pubblici e privati e molta lungimiranza politica per non costringere la maggioranza dei nostri figli a trovare casa altrove.


Pubblicato su “La repubblica” Napoli del 1.10.2010

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